Eri solo un uomo,
Peppino, solo. Eri un germoglio,
forse per destino, d'una
terra sempre matrigna
con i figli come te,
dov'è costume il silenzio,
e antico il servaggio,
atroce l'indifferenza,
un blocco di granito
sopra il petto, il coraggio
uno scatto di nervi, non
l'abito quotidiano
d'un uomo, di se stesso
sovrano; un arido deserto
dove l'albero della
giustizia e della libertà,
prima ancora di nascere
stentava già.
Lunga è la notte,
Peppino, e dura.
Eri solo un uomo, eri
un'anima pura.
Se questa terra, che pure
amavi, dove anche il cielo
è potere, tra poteri
feroci, dove il noi è solo clan e famiglia
e soci d'ignavi, non
cittadini, dove la parola uccide la verità,
la soffoca sotto un manto
di pizzini, se questa terra
ancora ingoia troppi
eroi, come ai tempi tuoi,
è anche nostra la colpa,
pur se insieme noi siamo qui,
come ogni maggio, davanti
alla tua casa, a manifestare,
le gole riarse, serrate
dalla commozione, per te, per tutti.
Per un eroe che muore,
troppe comparse stanno a guardare.
(Lanfranco Scalvenzi)